Fatto. Abbiamo timbrato il cartellino. Ora siamo a posto. Come direbbe la mia amica Paola, ora abbiamo una stellina: quando ne hai 5, ti danno un premio (un gesso gratuito?). Il mio bimbo e' stato male e, ancora senza dottore, siamo corsi all'ospedale di Eindhoven, il Catharina-Ziekenhuis. Alle due di notte siamo entrati nel pronto soccorso con un bambino urlante. Prima cosa positiva: abbiamo parcheggiato subito fuori dall'ingresso. Una volta spiegato al medico di guardia il problema, abbiamo aspettato poco (non piu' di mezz'ora) prima di incontrare il pediatra di turno. Un ragazzo giovane, che ha seguito la situazione di Leonardo in ogni dettaglio, non trascurando nulla (neanche di darmi una pacca sulla spalla e rincuorarmi mentre piangevo a dirotto, o offrirci un caffe').
Dopo analisi, visite, confronti con altri medici ed ecografia allo stomaco, ci hanno trasferito in una stanza singola con due letti, uno per il bimbo, uno per il genitore che rimane con lui. Il lettino preparato era pero' una culla: appena ci hanno visti le infermiere hanno subito preso un letto piu' grande. Quando abbiamo chiesto se potevano rimanere entrambi con Leonardo, ci hanno avvisati: "Pero' domani mattina la colazione e' prevista solo per un genitore". Stanchi, ci siamo addormentati tutti e tre. Alle 8 di mattina e' iniziato il fermento delle infermiere. Da noi e' entrata una ragazza che si e' presentata dandoci la mano e ha detto: "Io sono in carica per voi, quindi seguiro' il caso. Potete chiedermi ogni cosa". Stessa cosa hanno fatto tutte e sue colleghe dei turni successivi, e cosi' i dottori.
Dopo analisi, visite, confronti con altri medici ed ecografia allo stomaco, ci hanno trasferito in una stanza singola con due letti, uno per il bimbo, uno per il genitore che rimane con lui. Il lettino preparato era pero' una culla: appena ci hanno visti le infermiere hanno subito preso un letto piu' grande. Quando abbiamo chiesto se potevano rimanere entrambi con Leonardo, ci hanno avvisati: "Pero' domani mattina la colazione e' prevista solo per un genitore". Stanchi, ci siamo addormentati tutti e tre. Alle 8 di mattina e' iniziato il fermento delle infermiere. Da noi e' entrata una ragazza che si e' presentata dandoci la mano e ha detto: "Io sono in carica per voi, quindi seguiro' il caso. Potete chiedermi ogni cosa". Stessa cosa hanno fatto tutte e sue colleghe dei turni successivi, e cosi' i dottori.
Poi sono arrivati i medici che conoscevano tutta la situazione di Leonardo, ed e' passato anche il pediatra che l'aveva visitato al pronto soccorso la notte. A un certo punto ho creduto di essere in una puntata di E.R. Nel reparto pediatrico e mamme (o i papa', e ce n'erano molti) dormono con i propri bambini, e ricevono la prima colazione. Ogni giorno la signora che distriuisce i pasti offre anche un foglio con il menu' da scegliere per il pasto successivo. Esiste una sala comune con poltrone, tavoli, una macchina che eroga te e caffe' gratuitamente, un lavandino e un frigorifero, dentro il quale mettere le proprie cose. Sopra il frigo ci sono delle targhette adesive per scrivere il proprio nome. Vicino alla macchina del caffe' ci sono sempre bicchieri, zucchero, latte, cucchiaini di plastica. Accanto a questa stanzetta ce n'e' una enorme piena di giochi per bambini (piscina con palline, tavolini, giocattoli di ogni tipo, colori, televisore con Play Station e film, calcio balilla...).
Appena Leonardo e' stato meglio, quella stanza (la speelkamer, ovvero stanza dei giochi) ci ha salvati. Abbiamo passato li' ore intere, e insieme a lui anche gli altri piccoli degenti. Abbiamo incontrato un´assistente sociale che, dopo aver ascoltato il nostro caso, ci ha spiegato come fare ad aiutare Leonardo una volta tornato a casa. Facendo un memory book con dei disegni e immagini di quanto accaduto in ospedale, da usare per spiegare a un bimbo di due anni quello che e´ successo, sottolineando il fatto che ora e´ a casa. Secondo uno studio che hanno condotto, questo tipo di approccio aiuta i bambini a tornare alla normalita´ e a non vivere la degenza in ospedale come un trauma.
Appena Leonardo e' stato meglio, quella stanza (la speelkamer, ovvero stanza dei giochi) ci ha salvati. Abbiamo passato li' ore intere, e insieme a lui anche gli altri piccoli degenti. Abbiamo incontrato un´assistente sociale che, dopo aver ascoltato il nostro caso, ci ha spiegato come fare ad aiutare Leonardo una volta tornato a casa. Facendo un memory book con dei disegni e immagini di quanto accaduto in ospedale, da usare per spiegare a un bimbo di due anni quello che e´ successo, sottolineando il fatto che ora e´ a casa. Secondo uno studio che hanno condotto, questo tipo di approccio aiuta i bambini a tornare alla normalita´ e a non vivere la degenza in ospedale come un trauma.
Alla fine dei tre giorni, i medici ci hanno mandati a casa con un appuntamento fissato e numeri da chiamare in caso di bisogno.
Ora lo ripeto. Non e' tutto oro quello che luccica. Qui l'assicurazione medica e' obbligatoria per legge. E costa anche (la base si aggira intorno ai 2400 euro l'anno a famiglia; i bambini non pagano, ma ricevono le stesse prestazioni previste per i genitori). Noi, per ora (non l'abbiamo ancora) abbiamo usufruito dell'assicurazione sanitaria europea, ma dobbiamo attrezzarci al piu' presto. Ma tutto il resto fa parte della volonta´ del singolo? Oppure e' educazione che deriva da una mentalita' diversa?
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